Nel poker, la fiducia è uno degli argomenti più discussi e fraintesi. I giocatori parlano spesso di “correre alto di fiducia” durante un periodo positivo o di sentirla svanire quando la varianza gira contro di loro. Molti la percepiscono come un concetto astratto o innato: o ce l’hai o non ce l’hai. Ma in realtà, dal punto di vista della psicologia della performance, la fiducia può essere costruita e misurata attraverso un concetto molto più preciso: la self-efficacy, o autoefficacia.

Che cos’è la self-efficacy e perché è diversa dalla fiducia generica
Il termine è stato introdotto dallo psicologo Albert Bandura, che la definì come la “credenza nelle proprie capacità di organizzare ed eseguire le azioni necessarie per ottenere determinati risultati”.
Non si tratta quindi di una vaga sensazione di sicurezza, ma della fiducia nella propria capacità di svolgere un compito specifico in una situazione specifica. Nel poker, non è credere di essere “un buon giocatore”, ma sapere con certezza di poter eseguire correttamente una 3-bet bluff sotto pressione o un hero call in un momento decisivo.
Molti giocatori confondono l’autoefficacia con la competenza tecnica. Studiare ore di teoria GTO o analizzare range preflop è abilità; credere di poter mettere in pratica quella teoria in un momento critico è autoefficacia. La differenza si manifesta nelle situazioni ad alta tensione: due giocatori possono conoscere perfettamente la stessa strategia, ma solo chi ha un’autoeficacia ben calibrata riuscirà ad applicarla con costanza, mantenendo il proprio A-game anche nelle fasi più difficili.
Come l’autoefficacia influenza le scelte al tavolo
Un alto livello di self-efficacy determina pensieri, emozioni e comportamenti più produttivi. Nel poker questo si traduce in tre caratteristiche fondamentali:
- Scelta di compiti difficili: i giocatori sicuri non evitano le mani complesse, ma accettano le sfide come occasioni per massimizzare il profitto.
- Maggiore impegno: credendo che lo sforzo porti risultati, studiano e si allenano con costanza.
- Resilienza nelle sconfitte: durante i downswing mantengono la fiducia nel proprio processo invece di stravolgere la strategia o lasciarsi travolgere dall’ansia.
Come afferma la psicologia dello sport, l’autoefficacia è ciò che consente a un atleta di mantenere il proprio livello massimo di prestazione anche sotto pressione.
Le quattro fonti principali dell’autoefficacia
L’autoefficacia non è un tratto di personalità fisso: è una costruzione dinamica, che cresce elaborando informazioni provenienti da quattro fonti chiave.
- Esperienze di successo (mastery experiences)
Sono la prova concreta delle proprie capacità. Ogni volta che esegui con successo una mossa complessa, accumuli un “riconoscimento mentale” che rafforza la fiducia nelle tue abilità. È il motivo per cui la pratica graduale – partire da situazioni semplici e scalarne di più difficili – è il metodo più efficace per consolidarla. - Esperienze vicarie (osservazione o modeling)
Osservare qualcuno simile a te riuscire in un compito stimola la convinzione di poterlo fare a tua volta. Per questo gli study group e la revisione di mani con altri giocatori sono strumenti così potenti: l’apprendimento per imitazione rafforza il senso di efficacia. - Persuasione verbale (feedback)
Le parole di un coach o di un mentore hanno un impatto profondo, ma solo se credibili e specifiche. Un “hai giocato bene quella mano per questo motivo” vale molto di più di un generico “sei un ottimo giocatore”. Il rinforzo deve collegarsi a prestazioni reali per essere efficace. - Stati fisiologici ed emotivi
La percezione dei segnali fisici (battito accelerato, respiro corto) durante una mano importante influenza direttamente la fiducia. Reinterpretare questi segnali come attivazione positiva (“sono pronto”) invece che come ansia (“sto perdendo il controllo”) è una forma di regolazione emotiva che protegge la tua efficacia nei momenti chiave.
L’obiettivo: un’autoefficacia calibrata, non cieca
Lo scopo non è sviluppare una fiducia cieca o immutabile. L’autoefficacia ben calibrata è quella che allinea perfettamente la tua convinzione con le tue reali competenze. Se il livello di fiducia supera di molto l’abilità, nascono errori, eccesso di rischio e poca voglia di studiare.
Una fiducia solida, invece, deriva da un’autovalutazione onesta e basata sull’esperienza: la consapevolezza di aver lavorato duramente, padroneggiato le basi e di poter eseguire correttamente la tua strategia qualunque carta scenda sul tavolo.
