Il Global Poker Masters che non ti aspetti non ha solo mandato in visibilio il pubblico italiano, non ha solo regalato una grande e inattesa soddisfazione a 5 favolosi giocatori, ma ha letteralmente spiazzato tutti, ha sparigliato le carte, evocando un possibile futuro che il mondo del poker non ha ancora capito e dunque – in quanto ignoto – ha finora cercato di ridimensionare, sminuire, delegittimare.
Qualche mese fa, sempre su queste pagine, mi interrogavo sulla reale compatibilità tra patriottismo e poker, ovvero tra un sentimento che unisce e una disciplina squisitamente individuale. Il dibattito è ancora aperto, ma l’impatto dell’ultima creatura di Alex Dreyfus è destinato a incidere, a tracciare nuove strade e nuove prospettive.
Dario Sammartino, Giuliano Bendinelli, Mustapha Kanit, Andrea Dato e Rocco Palumbo hanno sorpreso tutti, anche noi giornalisti presenti sul luogo a documentare questa manifestazione. Partiti nell’indifferenza e nello scetticismo generale (che – almeno in piccola parte – era anche il loro), gli azzurri hanno cambiato pelle, rispetto alle dichiarazioni della vigilia e anche rispetto all’immagine che ciascuno di essi si era costruito finora.
TEAM > EGO – La sfida – affatto semplice – era duplice: superare eventuali e comprensibili rivalità per un interesse superiore, e riuscire a fare team tenendo a bada l’ego, notoriamente molto sviluppato nei giocatori forti. Anche caratterialmente i 5 rappresentano tipi molto differenti tra loro: garbato e riservatissimo Dato, “tranquillone” e cosmopolita Musta, espansivo e piacione Sammartino, pepato e senza peli sulla lingua Palumbo, ambizioso e istintivo Bendinelli che però si è costruito pazientemente un’immagine social piuttosto aggressiva, da bullo. Se tra noi italiani non c’era alcun dubbio sulla qualità tecnica del team, quella della coesione/tenuta mentale era una vera e propria incognita.
Alla prova dei fatti, però, i 5 hanno smentito tutti: durante i due giorni di gara è stato un autentico piacere vederli discutere dei vari spot senza cadere nella tentazione di prevaricare, è stata una sorpresa vedere 5 individualità che si adattano alla situazione inedita, con un entusiasmo che francamente nessuno avrebbe immaginato. Strategie reinventate e ottimizzate per l’occasione, scongiurato il pericolo che l’errore del singolo metta in pericolo l’esito del risultato di squadra, detonando magari tensioni pregresse. I nostri cinque da oggi tornano alle loro carriere individuali, forti di un’esperienza anche umana che rimarrà indelebile, grazie al risultato finale ma anche al di là di quello.
BULLI E LACRIME – In fin dei conti stiamo parlando di ragazzi che ormai da anni giocano e vincono molti soldi, che in virtù dei risultati raggiunti hanno guadagnato determinate posizioni nel ranking GPI, e che hanno accettato di saltare un IPT dai grandi numeri e diversi altri tornei per qualcosa di completamente nuovo e che poteva anche rivelarsi una perdita di tempo. In tutta evidenza così non è stato, e le tenere lacrime di Giuliano Bendinelli – MVP in pectore della manifestazione – lo confermano.
GPM: IL POKER “DEPURATO” – E forse quella di coinvolgere i migliori era davvero l’unica via per “depurare” la competizione pokeristica dall’elemento monetario: tutti i 40 giocatori delle 8 nazionali sono professionisti che da anni hanno raggiunto una solidità economica grazie a questa loro abilità. Non sono dunque “costretti” a cercare il guadagno a tutti i costi ma trovano nella competizione mentale, contro rivali che stimano, una nuova frontiera e uno stimolo eccezionale. Ecco spiegato lo spettacolo offerto in questi due giorni.
Alex Dreyfus
Da mesi Alex Dreyfus ripete come un mantra lo stesso slogan, “Let’s sportify poker”, che poi è il pensiero fisso dell’imprenditore francese fin dai tempi in cui rilevò il Global Poker Index quando era sull’orlo del fallimento. Rendere il poker qualcosa di appetibile al grande pubblico avvicinandolo alle logiche di sport come il tennis o il golf, con ranking che eleggono i migliori e le posizioni che cambiano continuamente in base ai risultati ottenuti.
In questo cammino di “sportivizzazione”, il Global Poker Masters costituisce uno step cruciale, perchè spoglia la competizione pokeristica dell’elemento che tutti – da sempre – consideriamo inscindibile dall’idea stessa di poker: il denaro. Giocare non per vincere soldi ma per pura competizione mentale è qualcosa di difficilmente immaginabile, per quell’idea radicata nel mondo degli appassionati di un gioco che si ritiene meritocratico proprio perchè i più forti vincono i soldi dei più deboli grazie alla maggiore abilità.
UN NUOVO POKER È POSSIBILE – Questo poker continua ad esistere e nessuno lo negherà mai, ma da oggi non è più l’unico poker possibile. Anzi, l’allargamento di prospettiva che ne deriva potrebbe rivelarsi essenziale nell’alimentazione del sistema-poker.
Il poker sportivo non è dunque un’idea balzana o una “paraculata” di facciata, ma un ampliamento della visione e del potenziale mediatico di questo gioco. Un poker che veda esaltate le sue componenti “fair”, sempre più vicino agli sport mentali e più lontano dal mondo dell’azzardo, può finalmente esercitare un appeal su grandi sponsor, su grandi soggetti che finora hanno preferito non accostare la propria immagine a retaggi ritenuti pericolosi. Se arrivano i grandi sponsor crescono gli investimenti, gli spazi mediatici, si allarga il pubblico potenziale, arrivano nuovi appassionati e nuovi giocatori.
“Nuovi giocatori”. Due paroline magiche che dovrebbero far riflettere tutti quelli che finora hanno ironizzato sul Global Poker Masters e sullo stesso concetto di poker sportivo, e che magari sono gli stessi che poi si lamentano per l’indurimento dei field e per la scomparsa dei fish. Si sveglieranno, alla buon’ora?